Monumento Cesare Sarfatti

Monumento Cesare Sarfatti


Monumento Cesare Sarfatti

Scheda

Denominazione:
Monumento Cesare Sarfatti
Posizione:
Riparto Israeliti, campo 1, spazio 21
Autore:
Adolfo Wildt (scultore)
Data esecuzione:
1924

Ideato nel 1924 dallo scultore Adolfo Wildt (1868-1931) per l’avvocato Cesare Sarfatti (1866-1924), il monumento si compone di un parallelepipedo in marmo sovrastato da una nicchia, destinata ad accogliere – secondo il progetto originario – un’inquietante figura incappucciata. La statua, ritenuta troppo audace, fu sostituita dall’attuale menorah in bronzo. Una scritta sul basamento ricorda il sacrificio del figlio di Cesare Sarfatti, Roberto (1900-1918), giovane caporale degli Alpini caduto nella Grande Guerra, al quale l’artista stesso aveva dedicato nel 1921 un prezioso disegno dal titolo Mi dolgon fanciullo, le pene che più non mi dai.

Noto penalista e presidente della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde fra il 1923 e il 1924, Cesare Sarfatti sposò nel 1898 Margherita Grassini (1880-1961), proveniente da una ricca famiglia veneziana di origini ebree. Lasciata la laguna per la città ambrosiana, i due intensificarono la loro militanza socialista: fu proprio in quest’ambiente che prese forma una profonda relazione sentimentale fra Margherita Grassini Sarfatti e Benito Mussolini, durata circa vent’anni.

“Signora delle arti” nell’Italia fascista, la Sarfatti fu l’unica personalità legata al regime che – immune dall’ottusità di giudizi preconcetti – seppe mantener vivo l’interesse per le dinamiche culturali europee. La voce della scrittrice, tralasciando gli iniziali dissidi, rappresentò il principale baluardo contro i pareri negativi che accompagnarono costantemente la produzione di Adolfo Wildt. Ben al di là del semplice episodio di cronaca, la donna fece di ogni recensione ed articolo l’occasione per considerazioni lucide ed appassionate, giungendo persino a recepire la drammatica tensione espressiva celata dal maestro dietro al suo incomparabile virtuosismo: “[Wildt] spinge lo scalpello addentro nel marmo, con la crudeltà del confessore di grande stile, perché dalla materia frugata, denudata, ossessionata, si liberi con un grido di lacerazione lo spirito” (cfr. M. Sarfatti). Nel 1927 – grazie all’intermediazione di Margherita – lo scultore fu incaricato di eseguire un ritratto di Cesare Sarfatti, destinato al padiglione per i mutilati al viso dell’Istituto Stomatologico milanese di cui fu benefattore.

 

D.C.

 

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